Agli alberi dobbiamo la vita
Quali sono i grandi "padri" delle foreste e come comunicano con l'ambiente che li circonda? Perché una foresta antica non si può sostituire? Cosa significa studiare un albero che ha centinaia o migliaia di anni? Ce lo racconta Andrea Maroè
Agronomo, arboricoltore, istruttore e tree claimber professionista, studioso e divulgatore di ecologia arborea. È stato uno dei pionieri dell’analisi strumentale degli alberi in Italia, lavorando per molte amministrazioni pubbliche in Friuli e fuori regione
Con oltre 10.000 alberi scalati in giro per il mondo la scorsa primavera ha guidato una spedizione in Amazzonia alla ricerca dei giganti verdi che fanno respirare il nostro pianeta.
La redazione di WheelDM ha incontrato a “Distanza minima” Andrea Maroè, presidente e direttore scientifico dell'associazione “Giant trees foundation” di Tarcento.
Com’è diventato esploratore di alberi partendo dal vivaio di famiglia?
Io sono nato in un vivaio e mio padre quando sono nato ha piantato un albero come si faceva una volta. Quell'albero è diventato praticamente il mio tutore. Penso che un po' sono diventato arboricoltore e arrampicatore di alberi anche per quell'albero oltre che per gli studi di agronomia e arboricoltura che ho fatto all'Università di Udine. Verso i 18 anni sono stato chiamato a sistemare un parco nel mio paese, a Tarcento, e ho cominciato a farlo arrampicando con le corde. Così, verso la metà degli anni Novanta ci siamo inventati questo sistema per salire sugli alberi.
Una nuova metodologia?
In realtà avevamo inventato una cosa che in America c'era già, però con delle modifiche. Tant'è che per più di dieci anni il nostro sistema è stato chiamato “la metodologia italiana”. Adesso si parla di “Single-rope technique”, la metodologia a corda singola, e “Double-rope technique”, la metodologia a corda doppia. Diciamo che la corda singola l'abbiamo inventata noi italiani e la corda doppia è la metodologia tipica degli inglesi.