Le storie e i volti del nostro territorio raccontati attraverso dieci anni di interviste ai protagonisti della vita regionale

Alzare lo sguardo e far conoscere la realtà che ci circonda. È una delle idee condivise fin dall'inizio dalla redazione di WheelDM.

Sono nate così le interviste che in ogni numero ci mettono a contatto con un protagonista della vita regionale.

Prima solo sulla carta e poi anche con le dirette video “A distanza minima”.

Dieci anni di incontri che formano un caleidoscopio di storie, passioni, competenze e idee che abbiamo pensato di riproporvi scegliendo qualche passaggio di ogni intervista.

È anche il nostro modo per ringraziare tutti gli intervistati della disponibilità e della cordialità che hanno dimostrato nei nostri confronti, con un pensiero in particolare per due di loro, Mario Nadalutti e Bruno Pizzul, che purtroppo ci hanno lasciati.

Le interviste integrali si trovano sul sito di WheelDM e su quello della UILDM di Udine.

I video sul canale YouTube @UildmUDINE.

Michele Pittacolo

“Io che sono nato due volte”


Campione di paraciclismo

Lo sport per disabili non riceve ancora le dovute attenzioni?
Purtroppo è così eppure, qui si respira la competizione pura mantenendo i veri valori della vita. C'è la gara, certo, ma prima e dopo ci abbracciamo. Recentemente sono andato a fare una gara di mountain bike per normodotati. A fine gara tutti erano arrabbiati e polemizzavano per ogni cosa. Fino a qualche anno fa ero anch'io così, m'incavolavo per niente.
Non sono più andato a fare quelle gare, perché lì non c'è cultura di vita, di niente.

È strano ma sembra quasi felice di essere entrato a far parte di questo mondo.
È stato duro riaffrontare la vita dopo l’incidente perché non mi sentivo più una persona normale, mi accorgevo che non potevo più fare le cose che facevo prima, facevo fatica ad uscire di casa anche per la ferita evidente. Poi mi ha chiamato Marinella Brosio, la presidente regionale del comitato paraolimpico, e mi ha convinto a fare la visita di classificazione. Da lì la mia vita è cambiata in positivo, mi ha dato soddisfazioni immense e la possibilità di maturare, di parlare con persone diverse, di avere più controllo e consapevolezza.

n. 2, agosto 2015

Carlo Piemonte

Quando l'impresa è giovane


Direttore cluster arredo FVG

Cos'è una startup?
Questo è un termine un po' abusato. Si definisce così una azienda appena nata, che deve crescere.
In realtà è una fase, sono i primi anni di vita di una azienda, in un mercato che di norma è un luogo spietato. Solitamente ci vogliono tre o quattro anni prima di ingranare. Cosa diversa sono invece le startup innovative che si definiscono così per gli investimenti sul piano della ricerca o dell'utilizzo di nuove tecnologie. Chi rientra in questa categoria gode anche di particolari vantaggi fiscali.

Quali sono le difficoltà maggiori per i giovani che vogliono avviare un'attività?
Non è la burocrazia come spesso si dice. La difficoltà maggiore è capire qual è il tuo mercato e non credere di avere un'idea perfetta, cercare il cambiamento. La sfida più grande per i giovani è proprio questa: si parte con un'idea che deve sapersi trasformare.

n. 3, dicembre 2015

Sabrina Baracetti

Stelle d'oriente su Udine


Presidente del Centro Espressioni Cinematografiche

Com'è nato il Fare East festival?
A metà degli anni Novanta abbiamo cominciato a fare degli studi sul cinema popolare italiano, realizzando anche dei festival dedicati alla commedia italiana degli anni Cinquanta.
A un certo punto ci siamo chiesti dove nel mondo si producesse così tanto cinema legato ai generi cinematografici e la risposta è stata facile: Hong Kong. Così nel 1997 siamo partiti per la città asiatica. E lì, un po' persi, perché non avevamo le conoscenze e i punti di riferimento che ci siamo costruiti negli anni, abbiamo cominciato a incontrare produttori e registi, gettando così le basi di quello che poi sarebbe diventato il Far East.

Avete mai pensato di spostare il festival in un altro contesto, per esempio una multisala, o in un'altra città?
A noi interessa lavorare in Friuli perché siamo nati qui e qui ci sono le nostre radici.
Ci piace stare qui per fare in modo che tutti possano avere una proposta culturale alla pari di tante altre grandi città italiane ed europee e vogliamo confrontarci con la possibilità di far crescere tutto ciò che è intorno a noi.
Anche per questo non abbiamo mai pensato di andare via.

n. 4, aprile 2016

Giancarlo Velliscig

Musica, Storia, Cultura & Marilenghe


Organizzatore culturale

Come è nata nel 1990 l'idea di Udine Jazz?
In quegli anni gestivo la programmazione artistica di un locale, il “Cadillac”, che si trovava poco fuori Udine e che, anche se è durato solo tre anni, ha segnato un'epoca anche per la sua proposta musicale nuova e ricercata. Quell'esperienza ci ha fatto scoprire che il jazz era una musica che interessava, che aveva un suo pubblico molto curioso. In quel periodo non c'era nulla che assomigliasse a un festival in regione. Il primo tentativo è stato a Grado con “Isola jazz” e fu un disastro, di pubblico ed economico. L'intraprendenza però non ci mancava e non abbiamo mollato.

Che rapporto c’è tra musica e territorio?
Specie nella musica di cui mi occupo principalmente, il jazz, è un legame che si avverte e irrimediabilmente. Posso identificare la provenienza di un artista ascoltando la sua musica perché questa è come un estratto di un territorio, della sua storia, della sua cultura. L'Europa ad esempio, grazie al suo sconfinato bagaglio culturale, è oggi il terreno più fertile anche per il jazz. Il territorio poi vuol dire anche lingua che, nel nostro caso, è il friulano.

n. 5, settembre 2016

Paolo Zoppolatti

Nato tra i fornelli


Chef

Territorio e cucina, secondo lei hanno un rapporto indissolubile?
Sono legatissimi.
L’ho capito andando in giro, soprattutto all’estero.
Alla fine i ricordi più belli legati alla gastronomia sono le tipicità di un territorio. Mi è capitato di andare nei Paesi Baschi, dove c’è stata una grande evoluzione della cucina, con grandi cuochi.
Tuttavia, mentre ricordo ancora una serie di piatti tipici, dopo un mese ho dimenticato tutti quelli più innovativi, anche se inizialmente mi avevano impressionato. Questo vuol dire che abbiamo un legame con il territorio e la tradizione che rimane nella nostra memoria.

Cinque parole per descrivere il senso della convivialità.
Una è sicuramente “amicizia”, perché un tavolo deve racchiudere questo sentimento. Poi direi “famiglia”, perché abbiamo bisogno di ritrovarci e la cucina crea relazioni, e “buongiorno”, perché abbiamo bisogno di cortesia. Un altro ingrediente indispensabile attorno a un tavolo è la “curiosità” che mi ha aiutato molto, spingendomi a imparare e migliorare. Infine penso a qualcosa che ci proietti nel “futuro”, che ci spinga a fare un passo in avanti, senza perdere quello che ci portiamo dietro, ma facendoci guardare in modo positivo al domani.

n.6, dicembre 2016

Giannola Nonino

Alla ricerca della qualità assoluta


Imprenditrice

Dagli anni Settanta ad oggi com'è cambiato il ruolo della donna nel mondo dell'imprenditoria?
Si è capovolto!
Ora siamo tutti individui pensanti - come dicevano i miei genitori - anche se la donna rimane sempre l’anello portante della Famiglia e deve provvedere al ruolo di figlia, moglie, madre e nonna.
Il nostro Stato a tutt’oggi non aiuta assolutamente l’evoluzione femminile: mancano strutture come asili nido, scuole materne, scuole dell’obbligo a tempo pieno per cui una donna, per potersi realizzare, deve contare sull’appoggio più che giusto del suo compagno e, quando ci sono, delle nonne.

Quanto c'è di tradizione e quanto di innovazione nel vostro prodotto?
Tutto questo è stato possibile perché ci abbiamo creduto, aiutati da tante persone che condividono con noi i valori più semplici ma più difficili da realizzare: la ricerca della qualità assoluta nel rispetto dell’uomo, della sua terra, dei suoi frutti, della sua cultura. Forse il vero merito è stato quello di sfidare il futuro senza dimenticare la parte migliore del passato.

n.7, giugno 2017

Mario Nadalutti (1969 - 2021)

Una prospettiva diversa


(1969 - 2021) Agente di Polizia Penitenziaria

Le piace il suo lavoro?
Sono soddisfatto della mia carriera. Il nostro, però, è anche un lavoro logorante. La percentuale di suicidi fra gli agenti carcerari è tra le più alte, io ho perso due colleghi. Dovrebbe essere previsto un sostegno psicologico costante che non c'è.

Crede che tutti i detenuti si possano riabilitare?
Sì, io lo credo. Tuttavia le situazioni sono molteplici. Se parliamo dei detenuti del 41bis la percentuale di riabilitazione e pentimento si abbassa drasticamente.
Invece coloro che hanno compiuto reati anche molto gravi, ma dovuti a una singola situazione, difficilmente prevedono una recidiva e la loro riabilitazione è pressoché totale. Per gli stranieri o i tossicodipendenti il discorso è ulteriormente differente. Ed è ancora più evidente che il problema sia la società. Incapace di seguire, curare e accogliere incarcera, incurante del fatto che spesso la prigione diventa una scuola di delinquenza. Ci sono poi persone che soffrono di malattie mentali, che magari manifestano il proprio disagio in maniera violenta, che dovrebbero essere gestiti con mezzi e personale specifico. Cosa ci fanno in un carcere?

n. 8, ottobre 2017

Bruno Pizzul (1938 - 2025)

La voce della nazionale


Telecronista (1938 - 2025)

Ha mai stretto amicizia con qualche calciatore o allenatore?
Moltissime volte. Una delle cose che caratterizzava il calcio del passato era il contatto tra calciatori, giornalisti, uomini di sport e appassionati.
Quando ero a Milano, per esempio, con Giacinto Facchetti eravamo frequentemente insieme e così con tanti altri.
Da qualche mese sono tornato a vivere a Cormons e ho ricontattato molti dei friulani e li incontro: Massimo Giacomini, Edi Reja, Fabio Capello, quando passa da queste parti.

Ci può raccontare qualcosa della sua esperienza di insegnante?
La mia esperienza da insegnante è un patrimonio che porto dentro di me e lo conservo come un ricordo tra i più cari.
Ho avuto la netta sensazione che quando insegni, soprattutto in quell'età tra gli 11 e i 14 anni, fai qualcosa di estremamente creativo ed importante nella formazione della personalità e della cultura dei ragazzi. Li accompagni in una fase molto delicata della loro esistenza e della loro crescita.
L'ho fatto volentieri e mi sarebbe piaciuto continuare. L'educazione è molto importante, anche se a volte sembra che abbiano più bisogno di essere educati gli adulti dei ragazzi.

n. 9, marzo 2018

Gianni Borta

Colori, energia e natura


Pittore

Chi è Gianni Borta?
Mi sento un portatore di colore, di felicità, che cerca l'anima, la storia, forse a volte anche l'avventura; un privilegiato perché ho avuto il dono di dipingere che considero divino. Per questo cerco di metterlo a frutto in tutti i modi possibili, per portare un messaggio positivo.

Come definirebbe la sua pittura?
Di fatica, emotiva. Il quadro trattiene l'energia che dai e la ritrasmette al fruitore. Il quadro ideale per me è quando la persona entra nella tela e la “vive”. Nelle mie opere c'è sempre la presenza dell'uomo. Dipingere è comunicare e si comunica con una pittura che contiene vitalità, forza, poesia. I miei quadri si basano su tre pilastri: il segno, che è la struttura, lo scheletro del quadro; il gesto, la forza con cui colpisci la tela; la materia, che è la pittura.

L'artista ha già ben in mente l'opera da realizzare o questa prende forma man mano?
C'è sempre un'ispirazione iniziale, poi il quadro può anche andare in altre direzioni, L'importante è sempre arrivare al risultato, al fatto che l'opera abbia un'anima e che si possa coglierla, che l'opera comunichi, trasmetta un'emozione a chi la guarda.