Intervista a Carlo Piemonte, presidente di Future Factory e direttore dell'Agenzia per i distretti industriali di San Giovanni al Natisone.

Carlo Piemonte
Carlo Piemonte

In questo numero intervistiamo Carlo Piemonte, un giovane friulano che con coraggio, competenza, impegno e simpatia si sta costruendo una brillante carriera nel mondo del lavoro. Grande amico della UILDM e fiero sostenitore dell'integrazione, ci guiderà attraverso l'intreccio dei progetti da lui gestiti, lasciando importanti consigli per chi avesse intenzione di buttarsi nella "mischia del business" ed in particolare per le persone disabili che sono troppo poco presenti in questo campo.

Chi è Carlo Piemonte?
Sono nato nel 1981 a Palmanova, ho frequentato il Malignani e ho preso la laurea in giurisprudenza a Trieste. Sono direttore dell'ASDI (Agenzia per lo Sviluppo dei Distretti Industriali cluster arredo e sistema casa) che ha sede a San Giovanni al Natisone. Sono presidente dell'associazione "Future Factory" e membro del consiglio di amministrazione della Banca di Credito Cooperativo di Manzano.
Imprenditore per passione, assieme a mia moglie ho una azienda di design.

Ci può spiegare in cosa consiste il progetto "Future Factory" e come è nato?
Ci sono due concetti legati fra loro. La Factory della Banca di Manzano è lo spazio aperto a Udine e a Gorizia dove giovani professionisti e imprenditori possono insediarsi per un anno gratuitamente, per poter far partire la propria azienda.
Un modo per dare una mano ai giovani a restare sul nostro territorio ed esserne parte integrante. Si resta in Factory durante l'anno zero, quel periodo in cui capisci se vale la pena andare avanti, avendo un luogo a disposizione e disponendo di una rete di contatti interni.
Ora ad esempio ci sono dei giornalisti e dei grafici insediati che lavorano per promuovere le startup. È un propulsore, possiamo dare una spinta, ma non possiamo sostituirci agli imprenditori. "Future Factory" è invece l'associazione dei giovani della banca che si occupa delle attività culturali, guardando al futuro.

Nel bando quali requisiti vengono richiesti?
Abbiamo una regolamento con cui chiediamo un progetto, una iniziativa imprenditoriale, un'idea, essere poi soci della banca con una azione simbolica da 60 euro e proporsi con qualcosa di costruttivo.

Con quale criterio vengono scelti i progetti?
Dev'essere qualcosa di sostenibile economicamente; è meglio dire di no ad una persona con un'idea insostenibile che dargli fiducia e fargli perdere dei soldi.
Può essere anche un progetto piccolo, ma che abbia una solida idea imprenditoriale.
Valutiamo come una persona si pone, se è capace di colloquiare e se il progetto porta un contributo al territorio. Essendo del Credito Cooperativo, ci teniamo alla collaborazione con il territorio.

Cos'è una startup?
Questo è un termine un po' abusato. Si definisce così una azienda appena nata, che deve crescere. In realtà è una fase, sono i primi anni di vita di una azienda, in un mercato che di norma è un luogo spietato. Solitamente ci vogliono tre o quattro anni prima di ingranare. Cosa diversa sono invece le startup innovative che si definiscono così per gli investimenti sul piano della ricerca o dell'utilizzo di nuove tecnologie. Chi rientra in questa categoria gode anche di particolari vantaggi fiscali.

Quali sono le difficoltà maggiori per i giovani che vogliono avviare un'attività?
Non è la burocrazia come spesso si dice. La difficoltà maggiore è capire qual è il tuo mercato e non credere di avere un'idea perfetta, cercare il cambiamento. La sfida più grande per i giovani è proprio questa: si parte con un'idea che deve sapersi trasformare.

Ci può dire due parole sull'andamento delle startup in Friuli e rispetto al vostro progetto?
Se parliamo di startup innovative, più adatti a parlarne sono altri incubatori come il centro di ricerca e trasferimento tecnologico "Friuli Innovazione". Per quanto ci riguarda, visto che ci occupiamo non solo di startup, ma anche di giovani professionisti, ad oggi, considerando i due cicli a Udine e uno a Gorizia, stiamo dando una mano a circa 50 giovani. Il Friuli è una realtà con forti potenzialità, forse dobbiamo solo crederci di più.

Come se la sono cavata sul mercato le startup passate dalla Factory, una volta finito l'anno di incubazione?
Una sola ha chiuso i battenti e una ha cambiato tipologia di attività; le restanti stanno continuando a crescere. Per alcune abbiamo cercato la collaborazione di "Friuli Innovazione", per vedere se potessero essere inserite come startup innovative.

C'è una tematica che va per la maggiore tra le startup?
Si, è sicuramente il digitale, però non è che tutte le startup debbano per forza incentrarsi su questo. Personalmente non vorrei dimenticare l'importanza del manifatturiero. Purtroppo questo tipo di attività vengono viste spesso come lavori di basso profilo.
In realtà conosco molti artigiani giovani contentissimi e pieni di lavoro. Nel coltivare la propria idea imprenditoriale, non bisogna seguire la moda, ma le proprie aspirazioni.

Carlo Piemonte durante l'intervista per WheelDM a Casa UILDMCarlo Piemonte durante l'intervista per WheelDM a Casa UILDM

Ci sono altri strumenti o enti a sostegno delle startup?
Ce ne sono tantissimi: altre banche, l'università, "Friuli Innovazione", enti pubblici, tanti bandi. Credo però che l'aiuto più grande che si possa dare loro sia farle fatturare, dare incarichi, farle lavorare.

Veniamo al suo ruolo di direttore dell'ASDI. Com'è la situazione dell'industria della sedia in Friuli e in particolare del Manzanese?
Il distretto della sedia non ha problemi. Gli scossoni avuti dal 2000 al 2012 sono stati superati e adesso c'è un panorama di 550 aziende. L'export del Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda il mobile e l'arredo è di 1,3 miliardi di euro e noi, con 450 milioni di esportazioni, siamo una delle due economie più importanti nel settore a livello regionale.

La settimana del Friuli che si è svolta all'Expo è stata solo una vetrina o ha dato frutti alle vostre imprese?
Questo sarebbe meglio chiederlo direttamente alle imprese. Per noi è più interessante il Salone del Mobile di Milano. L'Expo comunque è stata un'avventura interessante per farsi conoscere. Come ASDI abbiamo gestito un temporary shop di cui la stampa ha parlato molto. C'erano 50 aziende del settore legno, vino, gastronomia, tutte insieme a proporsi ad alto livello per l'immagine del Friuli.

Nello slogan, "Made, fatto, realizât in Friuli", c'era anche il friulano. Per voi il rapporto tra locale e globale è importante?
Il progetto dell'Expo voleva raccontare la nostra specificità, il nostro territorio, ma come parte del made in Italy.
Da soli siamo troppo piccoli per competere a livello globale, il Made in Friuli non basta, deve passare il messaggio che anche il Friuli rappresenta il Made in Italy nel mondo.

Qual è il vostro rapporto con il mondo della disabilità?
L'integrazione è la parola chiave in Factory, dove cerchiamo di fare interagire diverse competenze, professionisti e startup, giovani e meno giovani, creativi e imprenditori.
Architettonicamente parlando ci siamo impegnati a renderla un luogo estremamente accessibile, non limitandoci al "minimo di legge", avvalendoci anche dei feedback dei diretti interessati.
Nel progetto fatto con Casa UILDM abbiamo cercato di far capire che bisogna integrare, far conoscere i problemi degli altri.
Insieme abbiamo organizzato anche un workshop sull'accessibilità per architetti e progettisti. Un modo per diffondere la cultura: non è una cosa straordinaria ma una cosa normale, dovrebbe essere così sempre.

Carlo Piemonte con Daniela Campigotto e Ivan Minigutti della UILDM di Udine durante l'asta al termine della mostra "Riusografie"

La UILDM e Future Factory

Il rapporto tra la UILDM di Udine e l’associazione culturale Future Factory nasce nel gennaio 2014, quando, grazie ai contatti del so-cio Ivan Minigutti, la onlus friulana viene coin-volta nella fase finale del progetto “Riusografie”.

Workshop sulla progettazione accessibile

Alla Galleria “Modotti” sta per chiudersi una mostra fotografica realizzata da “Future Factory” insieme al gruppo “Flickr Udine”, in collabora-zione con il Comune e i Civici Musei del capo-luogo friulano. L’idea è quella di mettere all’asta le foto per raccogliere fondi a favore della UILDM. La serata si rivela un successo e con-sente di raccogliere un contributo significativo che viene destinato all’acquisto delle attrezzature necessarie all’avvio del laboratorio multimediale di Casa UILDM. Il legame con “Future factory” si consolida alcuni mesi dopo, quando, nella sede di piazzale XXVI luglio, con la collaborazione della UILDM e del CRIBA (Centro regionale di informazione sulle barriere architettoniche), vie-ne organizzato un workshop rivolto a tecnici, professionisti e progettisti dal titolo “Progettare accessibile serve e conviene”.

Ha conosciuto qualche azienda guidata da persone disabili?
Sono stato in un ristorante gestito da persone disabili, ma altre attività in senso produttivo non mi vengono in mente. Molti sono professionisti.

Seguirebbe una startup di persone con disabilità?
Non cambierebbe niente. Se il progetto ha senso se ne parla, altrimenti no.

Perchè ci sono così poche imprese gestite da persone con disabilità?
Onestamente non saprei, soprattutto oggi che le nuove tecnologie possono dare un aiuto importante.
Per quanto riguarda la disabilità fisica, in particolare, non dovrebbe rappresentare un problema insormontabile, ad esempio, fare un'azienda nell'ambito del digitale.
Per la commercializzazione, il rapporto con i clienti, la gestione del sito, non vedo barriere.
Potrebbe essere un problema la logistica di magazzino, ma è risolvibile.
Il mondo dell'imprenditoria funziona così: quello che non sei in grado di fare lo paghi. Bisogna solo fare un business plan accurato.

Che consiglio può dare a chi volesse provare questa strada?
La vera sfida di una startup creata da persone con disabilità fisica è semplicemente quella di organizzarsi molto, molto bene.
Ci vuole un gruppo che creda nel progetto e in cui ciascuno porti le sue competenze, ma conosca anche il compito dell'altro, così da poterlo sostituire in caso di problemi.
E poi ci vuole un management attento perché il mercato non vi premierà solo per il fatto di essere persone disabili.
Per contro, però, pensate che volano di comunicazione avrebbe un'azienda del genere, se ci fosse un progetto imprenditoriale realizzato con una certa intelligenza, senza buonismo, senza favoritismo, gestito in un'ottica costruttiva.