“Io, Daniel Blake” vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes 2016

SCHEDA DEL FILM

  • TITOLO ORIGINALE: I, Daniel Blake
  • REGIA: Ken Loach
  • INTERPRETI: Dave Johns, Hayley Squires, Dylan McKiernan, Briana Shann, Kema Sikazwe, Sharon Percy, Micky McGregor
  • SCENEGGIATURA: Paul Laverty
  • FOTOGRAFIA: Robbie Ryan
  • MONTAGGIO:Jonathan Morris
  • MUSICHE:George Fenton
  • SCENOGRAFIA: Fergus Clegg e Linda Wilson
  • ANNO: 2016

Il cinema di Ken Loach da sempre guarda al mondo e alla società stando dalla parte degli ultimi. I suoi film raccontano le difficoltà, le lotte, le sconfitte, la solidarietà dei tanti che “faticano ad arrivare a fine mese”. Un cinema contro il potere e l’ottusità dei potenti. In questo “Io, Daniel Blake” racconta una storia per rappresentare benissimo la violenza e la stupidità di una burocrazia assurda.

Già il titolo dice molto. Con quel “Io, Daniel Blake” il regista ci sta dicendo che abbiamo a che fare con una persona, con un nome e cognome, in carne e ossa. E Daniel lotta perché non lo si consideri un numero, una pratica, un codice alfanumerico. Lui è Daniel con la sua storia, la sua dignità, la sua professionalità. Ma è proprio contro il muro di gomma della fredda e cinica burocrazia che si imbatte e deve combattere.

Daniel ha 59 anni. Ė vedovo senza figli. Per una vita ha fatto il carpentiere molto apprezzato. Quando lo conosciamo ha da poco avuto un problema al cuore e per i medici non è più idoneo al lavoro. E qui cominciano i guai perché Daniel per poter ottenere il sussidio cui ha diritto inizia un viaggio in un mondo a lui completamente sconosciuto fatto di computer, codici, call center, piattaforme digitali, password… dove la persona viene di fatto annullata e diventa una pratica e un carteggio. Un mondo che lo stesso Daniel definisce “di topi e di freccette” (i mouse e puntatori del computer) nel quale lui, abituato e cresciuto dove bastava la parola data e una stretta di mano, è spaesato, confuso. Non capisce e non tollera questo modo frenetico e freddo di trattare le persone. Loach segue Daniel in questo allucinante viaggio burocratico e come in tutti viaggi incontra persone, ascolta storie. Non riesce a stare indifferente a tutto ciò che vedere e a chi incontra. Come quando conosce Katie, una ragazza con due figli a carico. La ragazza è letteralmente alla fame e i figli con le scarpe rotte e Daniel - probabilmente vedendo in lei la figlia che non ha mai avuto - l’aiuta.

Il paradosso di uno Stato, un welfare che anziché aiutarti ti spinge verso una maggiore povertà e illegalità, è ben rappresentato dai due ragazzi che aiutano Daniel col pc. Questi pur di non di non lavorare per un misero salario preferiscono gestire un mercato illegale di scarpe da ginnastica per di più false e taroccate.

Un film che non ha un lieto fine, ma Daniel lascerà un segno. Lascerà anche un grido di dolore che Katie leggerà a fine film: “Non sono un cliente, né un consumatore, né un utente, non sono un lavativo, un parassita, né un mendicante, né un ladro, non sono un numero di previdenza sociale, né un puntino su uno schermo. Ho pagato il dovuto, mai un centesimo di meno, orgoglioso di farlo. Non chino mai la testa, ma guardo il prossimo negli occhi e lo aiuto quando posso. Non accetto e non chiedo elemosina. Mi chiamo Daniel Blake, sono un uomo e non un cane; come tale esigo i miei diritti, esigo di essere trattato con rispetto. Io, Daniel Blake, sono un cittadino. Niente di più e niente di meno. (Daniel Blake)”

Da segnalare che alcuni attori del cast sono veri ex impiegati dei Job Centers, che si sono licenziati pur di non far pagare, ai loro utenti, le sanzioni cui erano obbligati per legge a dare.