A tu per tu con Nicola Pecile, il pilota di Fagagna che alla guida delle avveniristiche navette di Virgin Galactic esplora le nuove frontiere dei voli spaziali

È nato a Udine 50 anni fa ed è cresciuto a Fagagna. Dopo il diploma all'Istituto Tecnico Industriale “Malignani”, ha frequentato l'Accademia Aeronautica. Ha conseguito il brevetto di pilota militare alla base aerea di Sheppard, in Texas, nel 1997, iniziando una carriera che lo ha portato a volare su oltre 170 velivoli diversi, dagli elicotteri ai jet, dagli aerei da trasporto agli alianti, per più di 8000 ore di volo.  

Specializzato come pilota collaudatore sperimentatore, ha una laurea in Ingegneria Astronautica e dal 2015 è entrato a far parte del gruppo ristretto di piloti collaudatori di Virgin Galactic, l'azienda statunitense che sta sviluppando i voli suborbitali nello spazio. Vive fra la California e il New Mexico, e nel settembre di quest'anno ha pilotato lo spazioplano “VSS Unity” nella terza missione commerciale oltre l'atmosfera terrestre per questo veicolo. La redazione di WheelDM ha incontrato a “Distanza minima” il comandante Nicola “Stick” Pecile. 

Un pilota friulano alle porte dello spazio. Cosa rappresenta per lei questa nuova esperienza?
È il coronamento di molti anni di impegno e sacrifici. Quando sono entrato in Virgin Galactic il progetto era appena iniziato e abbiamo dovuto lavorare molto per arrivare quest'anno ad avviare le operazioni commerciali. Per me è stato motivo di grande soddisfazione poter far parte di questa squadra di persone incredibili che hanno abbattuto le porte di tanti preconcetti e superato tante difficoltà per realizzare una cosa così innovativa.

Che cos'è Virgin Galactic?
È la prima azienda aerospaziale nata per la commercializzazione delle attività spaziali. Stiamo sviluppando e gestendo una nuova generazione di veicoli spaziali per aprire lo spazio a tutti. A differenza di quanto è stato fatto nei sessant'anni precedenti, in cui i governi avevano un ruolo predominante, nel nostro caso tutto è iniziato grazie a investimenti privati partiti dal gruppo Virgin, e dal suo fondatore Sir Richard Branson.

Con quale obiettivo?
Puntiamo a offrire la possibilità di accedere allo spazio a quante più persone possibili, non solo perché pensiamo sia un'esperienza bellissima, ma anche perché offre l'opportunità di raggiungere prospettive utili a migliorare la vita sul nostro pianeta, a partire dagli esperimenti scientifici che si possono compieL’intervista Un friulano alle porte dello spazio A tu per tu con Nicola Pecile, il pilota di Fagagna che alla guida delle avveniristiche navette di Virgin Galactic esplora le nuove frontiere dei voli spaziali re in volo. Inoltre questo progetto è di per sé un incubatore di nuovi progressi tecnologici.

Dov'è la sede di Virgin Galactic?
Abbiamo diverse sedi negli Stati Uniti e una a Londra. La compagnia ha mosso i primi passi dal Mojave Air & Space Port in California, ma attualmente le operazioni che riguardano i voli avvengono presso Spaceport America, che si trova nel New Mexico. Inoltre stiamo per inaugurare una grande infrastruttura in Arizona, dove verranno prodotti i nostri veicoli nei prossimi anni.

Come funzionano i voli?
Invece di partire da terra con un razzo che poi si separa in più stadi, come avviene nei voli spaziali classici, sganciamo in volo una navetta, la “Virgin SpaceShip Unity”, che poi raggiunge lo spazio. Per farlo utilizziamo un aereo madre, che si chiama “Eve”, in onore della madre di Branson, e che, decollando da una pista normale, porta in quota la “VSS Unity” fino al punto di sgancio..


Nicola Pecile durante l'intervista

Che caratteristiche ha “Eve”?
È un quadrimotore che permette di salire fino a una quota di 13-15 chilometri, molto più alta di quella dei normali voli commerciali. Si tratta di un velivolo unico nel suo genere, perché ha due fusoliere e un'apertura alare simile a quella di un Boeing 757. Una delle peculiarità nel pilotarlo è che i piloti sono seduti nella fusoliera di destra. Di conseguenza non sono al centro del velivolo, come accade di solito, ma gran parte dell'aereo si trova alla loro sinistra. Quindi, per esempio, quando si atterra, mentre con gli altri aerei si cerca di allineare la fusoliera con il centro della pista, in questo caso bisogna stare circa otto metri a destra per mantenere anche la fusoliera di sinistra all'interno della pista.

Com'è invece la navetta spazioplano “VSS Unity”?
La navetta “Unity” è progettata per garantire in maniera sicura e continuativa l'accesso allo spazio e porta dai quattro ai sei passeggeri, più i due piloti, con una cabina riconfigurabile nel caso di esigenze particolari, come quelle legate al trasporto di attrezzature per esperimenti scientifici. La parte superiore del veicolo ha dei grandissimi finestrini lungo tutta la fusoliera per permettere di poter guardare la terra dall'alto e fare qualsiasi tipo di osservazioni scientifiche. È il primo veicolo che abbia volato nello spazio fatto tutto in materiale composito. I precedenti erano sempre fatti in alluminio e titanio e poi appesantiti con dei sistemi di ricopertura termica. Il nostro ha dei sistemi di ricopertura termica, ma di fatto è costruito in plastica. Dal punto di vista tecnologico è molto innovativo.

Come prosegue il volo dopo che la navetta si è sganciata da Eve?
Appena ci separiamo dall'aereo madre, accendiamo il motore razzo che fornisce una spinta incredibile. Dopo circa 8 secondi di accelerazione in orizzontale, mettiamo il veicolo in verticale e continuiamo l'ascesa finché il motore si spegne, attorno ai 30 - 40 chilometri di altezza. A questo punto facciamo una cosa unica nel suo genere: trasformiamo il nostro velivolo da un aereo supersonico a una sorta di capsula. Alziamo la parte posteriore del veicolo con un sistema chiamato feather, tradotto letteralmente in “piuma”, e che di fatto gli fa assumere una configurazione stabile per il rientro, come fosse appunto una piuma o una foglia che cade da un albero.

Quindi cosa succede?
Nel momento in cui il feather viene alzato, ci rovesciamo e permettiamo la visione della Terra dai finestrini che sono nella parte superiore della fusoliera. Durante tutta questa fase, i passeggeri possono sganciarsi dai seggiolini e galleggiare all'interno della cabina, condurre i loro esperimenti, o semplicemente guardare fuori e ammirare la bellezza del nostro pianeta. Quando raggiungiamo l'apogeo il veicolo inizia la discesa verso la terra trascinato dalla gravità. Ci rimettiamo dritti e aspettiamo di rientrare nell'atmosfera che è densa e ci fa sentire progressivamente la decelerazione.

Come atterrate?
Alla quota di circa 20 chilometri riabbassiamo il feather e il veicolo si riconfigura in una sorta di aliante, perché non ha motore. All'altezza di circa tre chilometri dalla pista cerchiamo di smaltire l'energia residua, finché estendiamo il carrello e atterriamo dalla pista da cui siamo partiti.

Come funziona il razzo che porta la navetta fuori dall'atmosfera terrestre?
È un motore a razzo ibrido. Il carburante è costituito da una parte solida di gomma, simile a quella dei pneumatici delle auto, e dall'ossidante liquido, che serve a garantire la combustione, visto che oltre l'atmosfera non c'è ossigeno. Quando viene acceso, l'accelerazione è simile a quella che si può avere su una macchina di Formula Uno, solo che, mentre il carburante si consuma, la velocità continua ad aumentare, perché il carburante e l'ossidante rappresentano circa la metà del peso della navetta e vengono bruciati nell'arco di un solo minuto! Di conseguenza la navetta diventa molto più leggera in modo rapidissimo. È una spinta incredibile e ci si ritrova schiacciati sul seggiolino, mentre la navetta prosegue la sua salita in modo verticale per completare il volo suborbitale.

Cosa si intende per volo suborbitale?
Significa che non abbiamo abbastanza energia per entrare in orbita attorno alla terra. Di conseguenza, il profilo di volo è balistico, è una grandissima salita verso l'alto fuori dalla atmosfera, finché la gravità piano piano ci riporta giù, e ci fa rientrare non troppo lontano dal punto in cui siamo partiti.


Inquadra con il telefonino e guarda il video dell'incontro con Nicola Pecile, con l'intervista e il video di Virgin Galactic su uno degli ultimi voli nello spazio.

Quindi la gravità non sparisce del tutto?
La gravità non sparisce mai, ma essendo un volo parabolico molto esteso, la forza che ha impresso l’impulso verso l’alto è quasi uguale alla forza peso che rallenta il veicolo. In questi voli offriamo un'esperienza di microgravità di alta qualità, in cui ci si ritrova sostanzialmente in assenza di peso. Al momento dell'accensione del razzo la navetta viaggia a tre volte la velocità del suono, che a quelle quote significa attorno ai 2.500 chilometri orari, e il passaggio dall'accelerazione fortissima del razzo all'assenza di peso è quasi istantaneo, nel momento in cui il motore esaurisce il carburante. La gravità esiste ancora, ma la spinta nella direzione opposta è tale che ci vogliono dai tre ai cinque minuti prima che inizi di nuovo a farsi sentire.

Che tipo di ricerche scientifiche si possono fare in queste condizioni?
Nel volo di inizio di novembre, per esempio, c'era a bordo anche il dottor Alan Stern, un importante astronomo statunitense e principal investigator (direttore del gruppo di ricerca) della missione New Horizons su Plutone, che ha condotto degli esperimenti di tracciabilità delle stelle e dei pianeti. Durante il volo di giugno, invece, i ricercatori dell'Aeronautica Militare Italiana e del Centro Nazionale di Ricerche hanno effettuato il primo encefalogramma durante un profilo di volo suborbitale, così come sono stati condotti esperimenti di combustione in microgravità o studi sulla circolazione del sangue per la prima volta durante un volo suborbitale. Ci sono moltissime opportunità offerte da questi voli. In sostanza viene permesso l'accesso allo spazio in maniera sicura, continuativa ed economica a tanti centri di ricerca e università che possono finalmente realizzare i loro esperimenti senza dover attendere tempi molto più lunghi e con procedure molto più complesse per effettuare gli esperimenti sulla stazione spaziale internazionale. E poi c'è l'interesse di molte agenzie governative, come la NASA o l'ESA, l'Agenzia spaziale europea, per poter addestrare gli astronauti in vista di futuri voli spaziali.

Serve una condizione fisica particolare per affrontare il volo?
Nella fase di accelerazione della navetta ci si trova schiacciati da una forza che è circa quattro volte il nostro peso. È una situazione che bisogna saper gestire con un'opportuna tecnica di respirazione. Noi piloti ci addestriamo costantemente, mentre i passeggeri devono essere istruiti su come comportarsi in quella fase. Nel volo di agosto, però, abbiamo portato a bordo anche una persona ottantenne affetta da Parkinson in una fase avanzata della sua malattia. È stata necessaria qualche precauzione, ma ha volato senza problemi ed è stato entusiasta dell'esperienza.

Quando sono iniziati i voli?
Il primo volo spaziale di “Vss Unity” è avvenuto nel dicembre 2018 ed è stato, tra l'altro, il primo volo spaziale umano partito dagli Stati Uniti dopo la chiusura del programma Space Shuttle nel 2011. Nel maggio 2021 invece è avvenuto il primo volo spaziale dallo Spaceport America del New Messico, e nel maggio di quest'anno sono finalmente iniziate Inquadra con il telefonino e guarda il video dell'incontro con Nicola Pecile, con l'intervista e il video di Virgin Galactic su uno degli ultimi voli nello spazio. le attività commerciali e di ricerca con a bordo un equipaggio italiano composto da ufficiali dell'Aeronautica Militare e ricercatori del CNR, il Centro Nazionale di Ricerca, che hanno svolto 13 esperimenti durante la missione.

L'aereo madre Eve con la navetta Unity

Che frequenza hanno i voli?
Nel 2023 abbiamo fatto sei voli spaziali, con due missioni di ricerca. Adesso siamo in una fase di pausa, per operazioni di manutenzione e revisione dei veicoli e dovremmo ripartire a gennaio. Nel frattempo stiamo lavorando alla produzione dei nuovi veicoli che saranno pronti per il 2026, anno in cui dovremmo riuscire ad espandere in maniera continuativa questo tipo di attività e volare quasi ogni giorno.

Il “turismo spaziale” sarà mai accessibile a tutti o resterà un turismo di nicchia?
Penso che siamo un po' come negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, quando i primi passeggeri prendevano un aereo commerciale per andare dall'Europa all'America. All'epoca pagavano una cifra esorbitante. Però se non ci fosse stato chi allora investiva in questo tipo di tecnologia probabilmente non avremmo l'aviazione commerciale di oggi. Allo stesso modo oggi i costi dei voli suborbitali sono alti, ma in futuro potrebbero scendere molto anche perché la tecnologia continuerà ad evolversi.

Un aereo per voli suborbitali è diverso da pilotare rispetto agli aerei civili o militari?
È molto simile a un aereo militare. La cosa interessante è che voliamo manualmente fino alla quota suborbitale. Non esistono computer o sistemi di stabilizzazione automatica. Quindi è sicuramente importante aver avuto un'esperienza precedente su aerei simili, quello che cambia è l'accelerazione che è molto più importante.

Un pilota di questi voli, che caratteristiche deve avere?
I nostri otto piloti attuali sono tutti ex piloti militari con la qualifica di collaudatori e sperimentatori. Significa che hanno un background ingegneristico molto importante. In futuro però, quando l'attività si sarà sviluppata, penso che anche piloti civili potranno entrare nella rotazione.

Da dove nasce il soprannome “Stick”?
È nato nelle scuole che ho frequentato negli Stati Uniti. Quando l'istruttore doveva farmi vedere una manovra io avevo sempre le mani sui comandi e a volte non riusciva a muovere la “stick”, cioè la barra di comando dell'aereo. In America l'uso dei nomignoli è una tradizione diffusa e così sul lavoro sono diventato “Stick”, anche perché qui fanno fatica a pronunciare il mio nome correttamente, per non parlare del cognome!

Schema di volo della navetta Unity

A un giovane che si avvicina al mondo del volo che consigli darebbe?
Di studiare tanto e di non arrendersi alle prime difficoltà, né professionalmente né nella vita. Di continuare a imparare dai propri errori e di perseverare nell'obiettivo che ci si è dati. Io ci ho messo cinquant'anni per volare nello spazio e quando ne avevo 35 sono stato escluso dalla selezione per gli astronauti europei. Quando si chiude una porta, non vuol dire che si chiudano tutte, e non puoi mai sapere quello che ti capiterà. L'invito è di restare sempre positivi, sapendo che, tuttavia, la fortuna bisogna anche un po' costruirsela con passione e perseveranza.

Qual è un sogno che ha nel cassetto?
Mi piacerebbe fare un volo orbitale.

C'è qualcosa che le manca del Friuli?
Cerco di tornarci ogni anno. Per me è uno dei posti più belli al mondo. Basta viaggiare un po' per rendersene conto. Mi manca un po' tutto: gli amici, il cibo, la tenacia e il modo di fare dei friulani che ci