A fine settembre Lignano Sabbiadoro ha ospitato i Mondiali di hockey in carrozzina. Un grande successo organizzativo celebrato nel migliore dei modi, con l'Italia che alza la coppa alla fine di un'avvincente finale

Quando la Federazione Italiana Wheelchair Hockey, galvanizzata dal secondo posto agli europei del 2016, decise di proporre la propria candidatura per il mondiale 2018 di hockey su carrozzina elettrica, poteva sicuramente auspicare per il proprio movimento un ottimo evento. Il clamoroso successo ottenuto va però oltre le più rosee aspettative e testimonia come la formazione di gruppi di lavoro competenti e motivati dia alla lunga sempre risultati importanti

È così che il comitato organizzatore incaricato dalla FIWH e formato da persone interne al movimento, con professionalità specifiche e riconosciute, ha dato un primo guizzo superando la candidatura di una metropoli come Praga per poi costruire nel corso dei mesi successivi un grande evento accompagnato da diversi sponsor, centinaia di tifosi, partite clamorose e tanto spettacolo di contorno.

Il villaggio sportivo “Bella Italia EFA Village” di Lignano Sabbiadoro, con le sue strutture rinomate per dimensioni ed accessibilità e in particolare il meraviglioso palazzetto dello sport, è stato la sede di questa avventura organizzativa, diventata memorabile non solo per aver funzionato come un orologio di precisione ma anche e soprattutto per quello che è successo sul campo da gioco.

La nazionale italiana, guidata dal commissario tecnico Saul Vadalà e dal suo vice coach Alessandro Marinelli, si è presentata al mondiale dopo un lungo ed intenso percorso di preparazione al massimo del suo splendore, con la giusta tensione emotiva, con i nervi bisognosi di scaricarsi sul campo, pronti a scatenare i brividi sulla pelle alla prima nota dell'Inno di Mameli.

Il percorso azzurro nel girone è stato aderente ai pronostici, con le vittorie sulla Svizzera e sulla matricola Canada accompagnate dalla sconfitta con l'Olanda, in una prestazione forse troppo rinunciataria. Sono stati tuttavia proprio gli Orange nella loro stagione più cupa, a complicare il percorso dell'Italia, avendo perso con la Svizzera e avendo di fatto demandato alla giuria lo studio del regolamento per sbrogliare una classifica che vedeva Olanda, Italia e Svizzera a pari merito. Ed è così che è arrivato il primo colpo di scena: l'Italia passa in semifinale come seconda, l'Olanda come prima. La svizzera condannata dai criteri del regolamento a giocarsi il quinto posto di consolazione. Delusione infinita in quanto prima di loro soltanto la Germania era stata in grado di battere, ben otto anni prima, i mostri sacri olandesi.

Le due semifinali vedono gli azzurri scontrarsi con gli storici rivali tedeschi, mentre L'Olanda pesca la seconda del girone B, la Danimarca del temutissimo “vichingo barbuto” Anders Berenth.

Da che mondo è mondo, nello sport, quando l'Italia vede la Germania c'è sempre da restare incollati agli schermi o avendo la fortuna di essere sul campo, da esultare ad ogni azione.

Partita combattutissima, giocata in maniera attenta da entrambe le parti, in modo da non lasciare troppo spazio ai due fantasisti, da un lato il friulano Claudio Comino e sull'altra sponda Nasim Afrah. Match concluso in parità e lotteria dei rigori che premiò gli azzurri.

Così successe che l'Italia si giocò la sua prima finale mondiale.

Per tutti è ancora palpabile l'attesa di quelle ultime infinite ore che portarono allo scontro tra i Titani del powerchair hockey. Uno scontro dall'antico sapore epico che racconta di un tentativo di invasione barbarica respinto alla grande da un manipolo di campioni italiani. Sì, avete capito bene, la finale si giocò proprio tra Danimarca ed Italia. L'Olanda fuori dalla finale iridata si dovrà poi accontentare del terzo posto sulla Germania.

L'Italia schierata in campo dal commissario tecnico Vadalà è attenta, corta, grintosa ed esaltata dal pubblico. La Danimarca dal canto suo, come si dice, è tanta roba. Berenth è dominante fisicamente, la sua barba e la sua chioma te le ritrovi in attacco e in difesa indistintamente.

Tra gli azzurri è Claudio Comino a fare gioco, a ragionare, a costruire con calma e alla fine a trovare uno spazio per mettere una palla di fronte alla porta che il compagno Jignea deve solo ribadire in rete.

Il palazzetto, esploso per il gol italiano, resta sospeso in un limbo di emozioni per tutto il resto del match, in attesa di quel fischio finale che sembrava non arrivare mai. Il fischio che arriva invece a una manciata di secondi dalla fine cade dal cielo pesante come il martello di Thor. Rigore assegnato alla Danimarca, occasione troppo importante per essere sprecata, 1 a 1.

Entrambe le tifoserie non smisero nemmeno per un secondo di picchiare sui tamburi di guerra ma l'unico suono che si udiva era quello delle palpitazioni dei cuori. Il cronometro, finiti i suoi giri, sentenziò nuovamente: rigori!

Sugli spalti gli sguardi dei supporters italiani mescolavano speranza e terrore. Il giorno precedente con la Germania gli shoot out avevano sorriso alla nostra squadra ma si sa, tirando troppo la corda alla fine questa si spezza. C'è chi crede nella sorte, c'è chi crede in qualche Dio e chi nella legge dei grandi numeri. Con il senno di poi noi crediamo nella programmazione, nella preparazione, nello studio e in due grandi tecnici in grado di compiere un miracolo tattico incredibile.

Fuori due attaccanti titolari su tre e il portiere. Viene schierato lo “Special Team” di rigoristi e Ferrazza tra i pali. Un difensore convertito per l’occasione a portiere.

Non sapremo mai quali dinamiche abbiano portato i due tecnici a compiere questa scelta, una decisione illuminante che capita solo agli artisti. Quello che sappiamo è che “San” Ferrazza da Roma parò il rigore decisivo. Il resto è racchiuso nelle lacrime di gioia dei fans, nella fotografia di Capitan Muratore che alza la Coppa del Mondo, negli occhi del presidente federale Antonio Spinelli che cerca di mantenere un contegno istituzionale vista la presenza di Pancalli. È tutto racchiuso in quello che è successo nelle ore successive, in quel pazzo party finale fortemente voluto dagli Comitato e attentamente pianificato affinché diventasse il punto di riunione delle delegazioni e dei tifosi che per una settimana si erano dati battaglia, vivendo tra partite, allenamenti, impegni di squadra e concentrazione.

Una notte magica in cui gli ultimi hanno festeggiato con i primi.

Momenti memorabili in cui gli abbracci e i ringraziamenti fecero dimenticare improvvisamente agli organizzatori tutte le fatiche fatte per arrivare a quel punto. Insomma Italia Campione del Mondo e se tra quattro anni qualcuno sarà in grado di strappare la medaglia d'oro del collo degli azzurri, nessuno sarà mai in grado di strappare quelle emozioni vissute #AsNeverBefore.