Gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi

SCHEDA DEL FILM

  • TITOLO ORIGINALE: Sulla mia pelle
  • REGIA: Alessio Cremonini
  • INTERPRETI: Alessandro Borghi, Max Tortora, Jasmine Trinca, Milvia Marigliano, Andrea Lattanzi, Tiziano Floreani, Orlando Cinque, Mauro Conte
  • SCENEGGIATURA: Alessio Cremonini, Lisa Nur Sultan
  • FOTOGRAFIA: Matteo Cocco
  • MONTAGGIO:Chiara Vullo
  • MUSICHE:Mokadelic
  • SCENOGRAFIA: Roberto De Angelis
  • ANNO: 2018

Sulla mia pelle è un film che fa male. Duro, crudo. Un film che secondo me andava fatto. Uno di quei film necessari perché resti memoria di un fatto che probabilmente non è così unico e raro. Racconta una vicenda, una storia della quale ne veniamo a conoscenza solo ed esclusivamente grazie al coraggio e determinazione di una famiglia. Un padre, una madre e una sorella che non chiedono il perché dell’arresto, non cercano scusanti per il loro caro, ma semplicemente vogliono e, giustamente, pretendono di sapere cosa è successo, perché e per mano di chi il loro familiare è morto.

Stiamo parlando di Stefano Cucchi. Quando leggiamo questo nome ci vengono subito alla mente le gigantografie mostrate dalla sorella durante le udienze nel tribunale o nelle manifestazioni che chiedevano verità: il volto sfigurato e quel corpo magro pieno di ematomi.

Il 15 ottobre 2009, il 31enne Stefano Cucchi, viene arrestato dai carabinieri perché trovato in possesso di 20 grammi di hashish. Sei giorni dopo viene ritrovato morto nel reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. Si trovava lì ricoverato da quattro giorni.

Il film narra questo lasso temporale.

Il film, va detto, non sposa una tesi, non racconta una verità e non prende posizione ma si limita a raccontare i fatti seguendo scrupolosamente quanto successo in quei giorni e basandosi sugli atti giudiziari. Al regista interessa raccontarci il calvario di Cucchi e l’angoscia della famiglia nel non riuscire a parlare coi medici, ad avere sue notizie. Cucchi venne ucciso più volte.

Da chi materialmente lo picchiò (episodio che il film non mostra), ma anche da chi non volle vedere e da chi, pur sapendo, lavorò per nascondere fatti e prove. Sottolinea la solitudine di Stefano in quei giorni di fronte ad uno Stato incapace di impedire che una persona in sua custodia possa morire in quella maniera.

Il regista si affida all’attore Alessandro Borghi, oserei dire straordinario nel dar corpo a Cucchi.

La giustizia e la magistratura arriveranno alle loro conclusioni. Se avremo, o no, dei colpevoli e condannati, lo decideranno i processi, ma questa sarà la verità sul piano giudiziario. Resta però la sofferenza estrema di Stefano, che non può lasciarci indifferenti. Il regista vuole renderci partecipi del dolore e della solitudine di Stefano Cucchi. Vuole generare in noi quell’empatia che si è persa nei meccanismi e dinamiche di quelle notti. Vuole generare domande, interrogativi. Il film, a parte brevissimi spezzoni, si svolge sempre al chiuso di una stanza: la caserma, la cella, la stanza d’ospedale, per dar ancora più enfasi al senso di prigionia. Nel finale ascolteremo un audio del vero Cucchi che renderà ancor più impressionante il lavoro fatto dall’attore Borghi nell’interpretarlo.

Indipendentemente di chi sia Stefano (il film ci fa conoscere la sua complessa e difficile personalità, i suoi problemi e la sua consapevolezza di non essere affatto un cittadino modello) dovremmo far nostra l’indignazione del procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone «Non è accettabile, da un punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia non per cause naturali mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello stato».